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domenica 1 agosto 2021

Alfred Adler e i fiori del male

 

Prima di scrivere questa breve nota ho cercato una immagine iconica che rappresentasse simbolicamente il senso comune a tutte le componenti di questo mio scritto.

La rosa ha rappresentato nei secoli il fiore vessillo del bene e del male, ed il suo accostamento con la croce racchiude il senso che ha essa nel complesso e vasto universo della cristianità e della sua influenza sociale evolutasi nei secoli.

Sono immagini dei fatti contrastanti quelle che vorrei imbrigliare nei contenuti semantici comuni dello scritto partendo dai temi affrontati da Baudelaire nella sua opera “I fiori del male”, gli stessi che sono alla base del paradossale conflitto dell’individuo di oggi rispetto alla realtà che lo circonda. Necessita un modello interpretativo che sia una chiave di lettura epistemologica all’agire umano, che interpreti i paradossi e spieghi che il mondo funziona solo per forme logiche.

Alfred Adler nella teoresi della psicologia individuale comparata, pone in evidenza che l’individualità soggettiva rappresenta una monade indivisibile che correla gli specifici ed unici aspetti somatici, psichici e sociali del soggetto, il tutto orientato ad un modello interpretativo che vede nella comparazione con l’altro da sé, il delinearsi della dimensione socio-culturale dell’uomo in quanto soggetto attivo che interagisce con gli altri e con l’ambiente che lo circonda.

 Le radici filosofiche della psicologia individuale adleriana attingono a Leibnitz per il concetto monadico di spirito e di individualità indivisibile, passando per Kant per il modello pragmatico antropologico della conoscenza umana e del suo concetto di comportamento etico-pratico.

Ma Adler attinge dall’evoluzionismo di Darwin e dalla volontà di potenza di Nietzsche, arrivando all’approccio analitico della struttura della filosofia della scienza di Karl Popper.

La chiave di lettura della psicologia individuale comparata si evolve e struttura nella metapsicologia adleriana, all’interno della quale la vita psichica dell’uomo è scandita da eventi rispondenti a veri e propri assiomi che conducono ad un processo evolutivo di perenne ricerca del senso dell’individuo, la cui unità è comunque sempre caratterizzata dai tre aspetti inscindibili: biologico, psicologico e sociale.

Tale modello interpretativo sfocia nella ricerca e comprensione dell’altro da sé, trasformandosi in una psicologia del sé in relazione con l’altro da sé.

Nella psicologia individuale l’inconscio viene presentato con i suoi meccanismi capaci di includere anche la concezione simbolica e pertanto esso assurge a ruolo di piano oscuro di ciò che noi non conosciamo di noi stessi.

Conscio ed inconscio non rappresentano più elementi psichici antagonisti dell’individuo.

Ed è proprio la non conoscenza del nostro profondo che determina “lo stile di vita” perpetuato inconsciamente. In contrapposizione il conscio deriva da una elaborazione intrapsichica delle interrelazioni sociali, che hanno modificato il modello paradigmatico di fondo esistente nell’individuo, generando così un artefatto della mente socialmente mediato tra natura e cultura.

Gli individui che in età infantile hanno avuto deficit esperienziali inerenti il corretto evolversi dei processi psico-sociale, senza una equilibrato connubio tra sentimento di appartenenza sociale e la paradigmatica tendenza alla supremazia, saranno soggetti alle problematiche inerenti veri e propri disturbi comportamentali, giungendo fino alla crisi di autostima, per la quale pur di sostenere l’immagine idealizzata del sé, l’individuo dovrà generare comportamenti, azioni ed affermazioni compensativi, anche se falsi, pur di sminuire o negare la realtà e conseguentemente l’insopportabile  senso della  sconfitta.

Questa è un possibile costrutto dell’approccio dell’individuo all’agire sociale, in condizioni di anomia sociale i cui effetti sono una sintesi dei temi affrontati dall’autore ne “I fiori del male

La visione dell’uomo adleriano, differenziato ma inscindibile, addiviene al fatto che sussiste una rete intrapsichica, la cui dinamica evolutiva è sottesa al controllo ed alla crescita dei tre compiti esistenziali dell’individuo: amore, lavoro e società.

Tutti coloro che nella loro infanzia non hanno interiorizzato attraverso l’interazione sociale una soluzione alle proprie esperienze e sensazioni di inadeguatezza, relazionate all’inconscia volontà di potenza, si sentiranno sicuramente inadeguati ad adempiere con successo ai propri compiti esistenziali sul palcoscenico mutevole che è la realtà, la quale rappresenta la vita.

Ne deriverà che il malessere del vivere comporterà la deriva inconscia di una “sensazione triste e cupa di paura del fallimento”, che inciderà con deficit negativi nei confronti del sé ideale, che richiede in via assiomatica il successo come fine ultimo.

Qual è il risultato? I soggetti produrranno una soluzione all’angoscia del vivere, mascherando o negando le evidenti sconfitte, cercando di modificare con parole vuote e false una realtà evidente e ciò con una reazione paradossale, la cui intensità grottescamente simulatrice e fantasiosa, sarà correlata alla volontà fobica di allontanare il dolore e l’umiliazione della sconfitta.

Se riflettiamo oggi le parole vengono usate per descrivere una realtà che non esiste, una rappresentazione di sé e degli altri totalmente inesatta nonché palesemente falsa.

 Ciò apre le porte al dolore del vivere, il cui alito triste e disperato è provocato dalle spine della rosa che meglio rappresenta tutti i fiori del bene e del male nella dicotomica danza che è il divenire della vita.

                                                           Ambrogio Giordano

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