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mercoledì 10 ottobre 2018

Il libro dell'inquietudine - F. Pessoa

 


- Non c’è differenza tra me e le strade dalla parte dell’Alfândega, salvo che esse sono strade e io sono anima, il che può anche essere che non voglia dire niente, in comparazione all’essenza delle cose. -

Amo, nei pigri pomeriggi estivi, la quiete del centro della città bassa. Soprattutto quella quiete che viene accentuata dal contrasto con il forte rumore in cui, durante il resto del giorno, quella zona si trova immersa.

 Rua do Arsenal, Rua da Alfândega, il prolungamento delle strade tristi che si snodano verso est dal punto in cui Rua da Alfândega termina, l’intera linea ripartita dei moli placidi – tutto ciò mi conforta di tristezza, se mi inoltro, in quei pomeriggi, nella solitudine del loro complesso articolarsi. Vivo un’epoca anteriore a quella in cui vivo; mi piace sentirmi coevo di Cesário Verde ed ho in me anche versi che pur non simili ai suoi, hanno dei suoi uguale sostanza. Là trascino, fino all’imbrunire, una sensazione di vita simile a quella delle strade stesse. Di giorno esse sono colme di un rumore che non vuol dire niente; di notte sono colme dell’assenza di quel rumore che non vuole dire niente. Di giorno io sono nullo, ma di notte io sono io. Non c’è differenza tra me e le strade dalla parte dell’Alfândega, salvo che esse sono strade e io sono anima, il che può anche essere che non voglia dire niente, in comparazione all’essenza delle cose. C’è un destino uguale, perché è astratto, per gli uomini e per le cose – una designazione ugualmente indifferente nell’algebra del mistero. Ma c’è ancora un’altra cosa… In queste ore lente e vuote, mi sale dall’anima alla mente una tristezza di tutto il mio essere, l’amarezza che tutto sia al medesimo tempo una sensazione mia e una cosa esterna, che non è in mio potere alterare. Ah, quante volte i miei stessi sogni mi si ergono in cose, non per sostituirsi alla realtà, ma perché si rivelano pari a me, in quanto provenendo dal di fuori non sono stati da me voluti, come il tram che svolta all’ultima curva della strada, o come il richiamo del notturno venditore ambulante, di non so quale cosa, che si eleva, con intonazione araba, come un getto d’acqua improvviso, dalla monotonia del crepuscolo! Passano coppie di futuri coniugi, passano i ragazzi delle sartine, passano i giovani ansiosi di conquiste, fumano nella loro solita passeggiata i pensionati da tutto, fermi in ozio sull’una o sull’altra porta i padroni dei negozi osservano con aria svagata. Indolenti, forti e fiacche, come sonnambuli le reclute deambulano a frotte, ora molto rumorose ora più che rumorose. Gente normale appare di tanto in tanto. Le automobili in questa ora non sono molto frequenti; sono musicali. Nel mio cuore c’è una pace di angustia, e la mia quiete è fatta di rassegnazione. Passa tutto questo, e niente di tutto questo mi dice qualcosa, tutto è estraneo al mio destino, estraneo, persino, allo stesso destino – incoscienza, imprecazioni a sproposito quando il caso getta, pietre, echi di voci ignote – insalata russa della vita."


http://wwwmyblogsky.blogspot.com/2015/07/f-pessoa-il-libro-dellinquietudine.html

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